In arrivo un nuovo scudo fiscale per i capitali all'estero


10 Luglio 2009 - Secondo stime gli italiani avrebbero esportato all’estero, ai tempi della lira, non meno di 550 miliardi di euro, sottraendoli agli occhi del fisco.
Tra i motivi principali che hanno indotto all’esportazione di capitali l’elevata pressione fiscale vigente in Italia, la debolezza cronica della lira e il timore dell’entrata nel governo del Partito comunista italiano.

Sette anni fa venne effettuato un primo tentativo di far rientrare questi capitali in Italia: il fisco si rese disponibile ad un condono tombale di tutte le pendenze in essere riguardanti l’evasione fiscale destinato a quanti avessero fatto rientrare in Italia o dichiarato al fisco le loro consistenze economiche all’estero, pagando una tassa fissata allora al 2,5% del capitale denunciato.

Lo Stato incassò oltre 2 miliardi di euro in tasse, tornarono in Italia oltre 40 miliardi di euro ed altri 30 furono regolarizzati, pur restando oltreconfine.
Il successo dell’operazione è da ascrivere alle aliquote meno penalizzanti, visto che si trattava di una tassazione patrimoniale e non di una tassazione sul reddito.

La crisi economica attuale e la ricostruzione in Abruzzo costringono oggi il governo a ricercare nuove fonti di entrate; si parla di un nuovo scudo fiscale.

Le aliquote questa volta sarebbero meno favorevoli ed oscillerebbero tra il 6 e l’8% del capitale rimpatriato o dichiarato; l’adesione permetterebbe di evitare il reato di espatrio illegale di capitali.

Un’aliquota così elevata viene attribuita al fatto che il Ministero del Tesoro ha necessità di liquidità da trasferire alle piccole e medie imprese.

Nel recente decreto fiscale si afferma che gli investimenti nei paradisi fiscali sono automaticamente considerati frutto di evasione fiscale.

Maurizio Zani - XageneFinanza2009



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