Mutui: si risparmia col tasso Bce ?


19 Gennaio 2009 - Strano a dirsi ma l’Italia, una volta tanto, è in prima fila nell’ applicare le direttive dell’Unione Europea. Dal 1° gennaio scorso, infatti, da quando è diventato obbligatorio offrire mutui agganciati al tasso Bce e non più all’Euribor, le banche italiane sono state le più sollecite ad adeguarsi.

Il tasso Euribor è un parametro predisposto dallo stesso sistema bancario per prestare denaro da banca a banca.
La durata del finanziamento influisce sul costo del denaro a seconda della sua durata, 1,2 o 3 mesi. Per l’indicizzazione dei mutui il tasso più applicato è quello trimestrale.

Al contrario, il tasso Bce è stato fissato dalle autorità europee e trova la sua logica nella politica monetaria: sia gli aumenti che i tagli sono votati per contrastare l’inflazione o per favorire la crescita economica.

Ma quali sono le differenze tra le due possibilità quando si tratta di stipulare un mutuo sull’abitazione ? Il 9 ottobre scorso l’Euribor a 3 mesi ha toccato il suo massimo raggiungendo il 5,39%. In questo caso la rata di un mutuo trentennale a tasso variabile di un importo pari a 200.000 euro con uno spread dell’1% ha raggiunto la cifra record di 1.250 euro al mese.
Oggi, dopo oltre 2 mesi di cali ininterrotti che hanno fatto scendere il tasso Euribor a meno del 3%, la medesima rata agganciata al tasso Bce costerebbe 960 euro, con un risparmio di 290 euro al mese, 3.480 euro l’anno.

Analoghi ed ugualmente sostanziosi i risparmi ottenibili con durata ed importi inferiori: un mutuo ventennale di 100.000 euro a tasso variabile vedrebbe oggi una rata mensile scesa dai 740 euro mensili di ottobre ai 610 attuali.

Ma qui cominciano le dolenti note: se, infatti, è vero che sia i tassi ufficiali che l’Euribor sono scesi in maniera notevole, sorge ora con le banche il problema dello spread, la maggiorazione che gli istituti di credito applicano sul tasso di riferimento.

Le principali associazioni dei consumatori, l’Adusbef in particolare, sono sul piede di guerra. La loro accusa è molto semplice: gli spread applicati dalle banche sono stati e restano molto alti, specialmente ora che persistono le difficoltà del settore bancario.
Se prima, infatti, il valore medio dello spread si collocava in una forchetta tra lo 0.70% e lo 0.90% del finanziamento, ora si è portato mediamente tra l’1.30% e l’1.70%.

Insomma, per i risparmiatori italiani le buone notizie non sono mai nette e decise, ma sono sempre accompagnate da strani giochi che limitano, quando ci sono, quei pochi benefici che ogni tanto si presentano.

Maurizio Zani - XageneFinanza2009



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