Risparmiatori: caccia al 3%


15 Maggio 2009 - Dopo che i rendimenti dei Bot sono scesi ai minimi da sempre, la scelta dei risparmiatori italiani si fa sempre più difficile.
Nell’ultima asta di martedì scorso, infatti, i titoli con scadenza annuale sono scesi allo 0,96% al netto delle tasse, senza contare le spese della banca, che possono far arrivare il rendimento di questi titoli addirittura allo 0,7%, mentre il corrispettivo trimestrale raggiunge ora a fatica lo 0,4%.

Indubbiamente per il Ministero del Tesoro si tratta di un vantaggio di non poco conto, perché si riduce il costo del debito pubblico, ma per la gran parte dei risparmiatori che investono in Titoli di Stato la convenienza oggi è davvero minima.
D’altra parte, con il tasso Euribor giunto anch’esso ai livelli più bassi di sempre ( oggi viaggia attorno all’1,29% ), e con il tasso di riferimento Bce all’1%, non ci si può aspettare granchè.

Conviene allora investire in Titoli di Stato ?

I risparmiatori hanno oramai appurato che, al crescere del rendimento, corrisponde una crescita del rischio e questo tipo di meccanismo è valido per qualsiasi tipo di investimento: se si cerca la sicurezza bisogna accontentarsi di poco.
Le turbolenze dei mercati finanziari hanno tuttavia confermato che, attualmente, di sicuro, c’è solo lo Stato.

Secondo diversi studi, la cultura del risparmiatore italiano è principalmente orientata verso il breve periodo e questo è il limite principale per poter guadagnare di più. Se, infatti, ci si guarda intorno alla ricerca di titoli di durata lunga, ecco che le possibilità di aumentare gli introiti aumentano non di poco.

A farla da padroni in questo caso sono i Btp: ad esempio il titolo con scadenza marzo 2012 rende oggi, al netto della tassazione, il 2,08% e se l’orizzonte viene spostato verso il 2015 si può arrivare a spuntare il 2,98%, sempre netto.

Tuttavia non bisogna dimenticare che non appena l’inflazione ricomincerà a salire il sistema dei tassi d’interesse si adeguerà e quindi la previsione di un prossimo rialzo, previsto dai più tra uno o due anni, dovrebbe indirizzare i risparmiatori verso i titoli a tasso variabile.

Ecco perché sarebbe opportuno inserire nel proprio portafoglio titoli a cedola indicizzata con una durata massima di cinque anni; in questo modo torna alla ribalta il vecchio Cct, da tempo trascurato e finito nel dimenticatoio, visti i rendimenti minimi che offre oggi.
Ma le cedole del Cct vengono aggiornate ogni sei mesi, ed in una fase di rialzo dei tassi d’interesse, l’attesa di sei mesi potrebbe rivelarsi troppo lunga.

Maurizio Zani - XageneFinanza2009



Indietro

2000-2014© XAGENA srl - P.IVA: 04454930969 - REA: 1748680 - Tutti i diritti riservati - Disclaimer